ARTICOLIDIRITTO PENALE

Ammontare della pena pecuniaria in sostituzione della pena detentiva di durata sino a sei mesi: sollevata questione di legittimità costituzionale

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Tribunale di Ravenna, Giudice per le Indagini Preliminari, Ordinanza, 5 ottobre 2020
Giudice dott. Bosi

Segnaliamo l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna ha sollevato, per ritenuto contrasto con gli articoli 3 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 2, della legge n. 689/1981, nella parte in cui non prevede che, nel determinare l’ammontare della pena pecuniaria in sostituzione della pena detentiva di durata sino a sei mesi, il giudice individui il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato, da moltiplicare per i giorni di pena detentiva, in un valore giornaliero che non può essere inferiore alla somma indicata all’art. 135 del codice penale, pari ad euro 250,00, anziché fare applicazione dei criteri di ragguaglio di cui all’art. 459, comma 1-bis, del codice penale ovvero poter fare applicazione dei meccanismi di adeguamento di cui all’art. 133-bis del codice penale.

L’art. 53, comma 2, della legge n. 689 del 1981, nel prevedere la possibilità di sostituzione della pena detentiva nel limite dei sei mesi con la pena pecuniaria, stabilisce, tra l’altro, che «[p]er determinare l’ammontare della pena pecuniaria il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Nella determinazione dell’ammontare di cui al precedente periodo il giudice tiene conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare. Il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall’art. 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare». Ora – si legge nell’ordinanza – «il tasso di ragguaglio previsto dall’art. 135 del codice penale – già fissato dall’art. 1 della legge 5 ottobre 1993, n. 402 (Modifica dell’articolo 135 del codice penale: ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive), in 75.000 lire per ogni giorno di pena detentiva, poi convertite in 38 euro – è stato innalzato a 250 euro giornalieri per effetto della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica)».

Tale aumento – afferma il giudice – «ha fatto sì che – in forza del richiamo all’art. 135 del codice penale contenuto nell’art. 53 della legge n. 689 del 1981, pacificamente considerato quale rinvio mobile – il valore giornaliero minimo della pena pecuniaria sostituita alla pena detentiva sia attualmente pari a 250 euro. Il risultato è stato quello di rendere eccessivamente onerosa, per molti condannati, la sostituzione della pena pecuniaria, sol che si pensi che ad esempio, il minimo legale della reclusione, fissato dall’art. 23 del codice penale in quindici giorni, deve oggi essere sostituito in una multa di almeno 3.750 euro, mentre la sostituzione di sei mesi di reclusione (pari al limite massimo entro il quale può operare il meccanismo previsto dall’art. 53, comma 2, della legge n. 689 del 1981,) dà luogo a una multa non inferiore a 45.000 euro».

Redazione Giurisprudenza Penale

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