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Sui presupposti per l’applicazione del controllo giudiziario su richiesta volontaria di un’impresa destinataria di informazione interdittiva antimafia impugnata dinanzi al giudice amministrativo (che, nel frattempo, abbia adottato il Modello 231 e nominato un Odv)

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. V, 22 dicembre 2022 (ud. 27 settembre 2022), n. 48913
Presidente Sabeone, Relatore Guardiano

Segnaliamo, in tema di applicazione del controllo giudiziario su richiesta volontaria (art. 34-bis del d.lgs. 16 settembre 2011, n. 159), la sentenza con cui la quinta sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata sul tipo di valutazione attribuita al Tribunale competente in tema di misure di prevenzione.

Più in particolare, la Corte era chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato nell’interesse di una società che, dopo aver impugnato l’interdittiva dinanzi al giudice amministrativo, aveva adottato un Modello di Gestione, Organizzazione e Controllo ex d.lgs. n. 231 del 2001 – nominando un Organismo di Vigilanza ai sensi del medesimo Decreto – e aveva interrotto i rapporti commerciali in essere con le altre società attinte dalla misura.

I giudici di legittimità hanno preso le mosse osservando come, da un punto di vista procedurale, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello che, in sede di impugnazione, decide sulla ammissione al controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, sia ammissibile solo per violazione di legge, essendo, in tal caso, applicabili i limiti di deducibilità di cui agli artt. 10, comma 3, e 27 del medesimo decreto (si veda, sul punto, Cass., Sez. 5, n. 34856 del 06/11/2020, Rv. 279982).

Ciò chiarito, la Corte ha richiamato  l’orientamento giurisprudenziale secondo cui «ai fini dell’applicazione del controllo giudiziario su richiesta volontaria di un’impresa destinataria di informazione interdittiva antimafia impugnata dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 34-bis del d.lgs. 16 settembre 2011, n. 159, il tribunale competente in tema di misure di prevenzione è tenuto a verificare sia il carattere occasionale della agevolazione che il libero svolgimento dell’attività economica può determinare nei soggetti di cui al comma 1 della medesima disposizione, sia la concreta possibilità dell’impresa stessa di riallinearsi con il contesto economico sano, affrancandosi dal condizionamento delle infiltrazioni mafiose».

Tale orientamento – si legge nella decisione – è stato ribadito da una recente pronuncia, nella quale si è evidenziato come «in tema di misure di prevenzione, ai fini dell’ammissione alla misura del controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34- bis, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, richiesta dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva che abbia impugnato detto provvedimento, il tribunale sia tenuto a valutare, in termini prognostici – sulla base del dato patologico acquisito dall’accertamento amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva – se il richiesto intervento giudiziale di “bonifica aziendale” risulti possibile, in quanto l’agevolazione dei soggetti di cui all’art. 34, comma 1, d.lgs. cit., debba ritenersi occasionale, escludendo tale evenienza, pertanto, nel caso di cronicità dell’infiltrazione mafiosa».

Il presupposto indefettibile per l’applicazione del controllo giudiziario su richiesta volontaria di un’impresa destinataria di informazione interdittiva antimafia impugnata dinanzi al giudice amministrativo è, dunque, la natura occasionale dell’agevolazione mafiosa, prevista dall’art. 34 bis, co, 1, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che non può configurarsi nel caso della cronicità dell’infiltrazione mafiosa.

Ciò premesso, il Collegio ha ritenuto che la corte territoriale abbia fatto buon governo di tali principi, evidenziando «il completo asservimento della società ricorrente alla finalità di controllo degli appalti comunali perseguiti dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, egemone in quel territorio, asservimento che oggettivamente qualifica in termini di cronicità l’infiltrazione mafiosa, rendendo sul punto una motivazione congrua che, certo, non può definirsi apparente o errata dal punto di vista giuridico».

Una volta affermato il carattere non occasionale dell’agevolazione mafiosa, «ne risente anche l’ulteriore profilo “prognostico”, su cui la, corte territoriale del pari si sofferma, evidenziando come sia proprio il contesto criminale di riferimento, dal quale la società appellante ha ricavato vantaggi e favori, dunque la cronicità dell’infiltrazione mafiosa, a non consentire di attribuire rilievo per il futuro alle misure adottate dalla società, che, nella prospettiva del ricorrente, renderebbero l’impresa impermeabile dai condizionamenti mafiosi».

Sotto questo profilo – ha concluso la Corte – «la decisione assunta appare conforme all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui la verifica dell’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa, non deve essere finalizzata ad acquisire un dato statico, consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente, ma deve essere funzionale a un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, proprio in relazione al contesto criminale di riferimento, mediante gli strumenti di controllo previsti dall’art. 34-bis, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 159 del 2011».

Redazione Giurisprudenza Penale

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