ARTICOLIDIRITTO PENALEResponsabilità degli enti

Responsabilità degli enti ex d. lgs. 231/2001 e infortuni sul lavoro: la Cassazione ribadisce la necessità di non confondere “colpa di organizzazione” dell’ente e “colpevolezza” della persona fisica

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. IV, 11 gennaio 2023 (ud. 4 ottobre 2022), n. 570
Presidente Ciampi, Relatore Dawan

Segnaliamo, in tema di responsabilità degli enti ex d. lgs. 231/2001 e infortuni sul lavoro, la pronuncia con cui la Cassazione è tornata a ribadire la necessità di non confondere la “colpa di organizzazione” dell’ente con la “colpevolezza” della persona fisica responsabile del reato.

Ad avviso dei giudici di legittimità, «la motivazione della sentenza impugnata offre un percorso argomentativo carente in punto di responsabilità dell’ente, per certi versi sovrapponendo e confondendo i profili di responsabilità da reato dell’amministratore/datore di lavoro dai profili di responsabilità da illecito amministrativo della società. Ciò appare evidente nella parte in cui la sentenza impugnata addebita alla società il fatto di non aver svolto alcuna adeguata valutazione sui fornitori, nonostante fosse prevista nel modello, e di non avere predisposto a norma il ponteggio nonostante la sua corretta edificazione fosse prevista nel PIMUS, documento che afferma essere stato sul punto assolutamente disatteso: profili colposi ascrivibili all’amministratore della società, quale datore di lavoro tenuto al rispetto delle norme prevenzionistiche, ma non per questo automaticamente addebitabili all’ente in quanto tale».

I Giudici di merito – si legge nella sentenza – «fondano la responsabilità amministrativa della società sulla “genericità ed inadeguatezza” del modello organizzativo” senza tuttavia fornire positiva dimostrazione della sussistenza di una “colpa di organizzazione” dell’ente. Deve, invero, ricordarsi che la tipicità dell’illecito amministrativo imputabile all’ente costituisce, per così dire, un modo di essere “colposo”, specificamente individuato, proprio dell’organizzazione dell’ente, che abbia consentito al soggetto (persona fisica) organico all’ente di commettere il reato».

In tale prospettiva, «l’elemento finalistico della condotta dell’agente deve essere conseguenza non tanto di un atteggiamento soggettivo proprio della persona fisica, quanto di un preciso assetto organizzativo “negligente” dell’impresa, da intendersi in senso normativo, perché fondato sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo».

Ne consegue – conclude il collegio – «che, nell’indagine riguardante la configurabilità dell’illecito imputabile all’ente, le condotte colpose dei soggetti responsabili della fattispecie criminosa (presupposto dell’illecito amministrativo) rilevano se riscontrabile la mancanza o l’inadeguatezza delle cautele predisposte per la prevenzione dei reati previsti dal d.lgs. n. 231/01. La ricorrenza di tali carenze organizzative, in quanto atte a determinare le condizioni di verificazione del reato presupposto, giustifica il rimprovero e l’imputazione dell’illecito al soggetto collettivo, oltre a sorreggere la costruzione giuridica per cui l’ente risponde dell’illecito per fatto proprio (e non per fatto altrui)».

Redazione Giurisprudenza Penale

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