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Caso Renzi: depositata la sentenza della Corte Costituzionale. E-mail e Whatsapp sono corrispondenza.

Corte Costituzionale, 27 luglio 2023, n. 170
Presidente Sciarra, Relatore Modugno

Segnaliamo ai lettori il deposito della sentenza n. 170 del 2023, con cui la Corte Costituzionale si è pronunciata nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’acquisizione di plurime comunicazioni del senatore Matteo Renzi, disposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze nell’ambito del procedimento penale a carico dello stesso senatore e altri, in assenza di una previa autorizzazione da parte del Senato della Repubblica.

La Corte Costituzionale ha risolto il conflitto dichiarando che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze acquisire agli atti del procedimento penale iscritto al n. 3745 del registro generale delle notizie di reato del 2019, sulla base di decreti di perquisizione e sequestro emessi il 20 novembre 2019, corrispondenza riguardante il senatore Matteo Renzi, costituita da messaggi di testo scambiati tramite l’applicazione WhatsApp tra il senatore Renzi e V. U. M. nei giorni 3 e 4 giugno 2018, e tra il senatore Renzi e M. C. nel periodo 12 agosto 2018-15 ottobre 2019, nonché da posta elettronica intercorsa fra quest’ultimo e il senatore Renzi, nel numero di quattro missive, tra il 1° e il 10 agosto 2018.

I giudici della Consulta hanno invece affermato che spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze acquisire agli atti del procedimento penale n. 3745/2019 R.G.N.R., tramite decreto di acquisizione emesso l’11 gennaio 2021, l’estratto del conto corrente bancario personale del senatore Matteo Renzi relativo al periodo 14 giugno 2018-13 marzo 2020.

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Questo il comunicato della Corte:

E-mail e whatsapp sono corrispondenza: accolto il conflitto proposto dal Senato nel caso Renzi
La Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione proposto dal Senato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell’acquisizione di corrispondenza del sen. Renzi in violazione dell’art. 68, terzo comma, Cost.
Con sentenza n.170 del 2023 (red. Franco Modugno), la Corte ha dichiarato che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi, oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di un procedimento penale a carico dello stesso parlamentare e di terzi.
Tali messaggi sono stati ritenuti riconducibili alla nozione di «corrispondenza», costituzionalmente rilevante e la cui tutela non si esaurisce, come invece sostenuto dalla Procura, con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori.
Gli organi investigativi – ha precisato la Corte – sono abilitati a disporre il sequestro di “contenitori” di dati informatici appartenenti a terzi, quali smartphone, computer o tablet: ma quando riscontrino la presenza in essi di messaggi intercorsi con un parlamentare, debbono sospendere l’estrazione di tali messaggi dalla memoria del dispositivo e chiedere l’autorizzazione della Camera di appartenenza per poterli coinvolgere nel sequestro. Ciò a prescindere da ogni valutazione circa il carattere “occasionale” o “mirato” dell’acquisizione dei messaggi stessi.
La Corte non ha invece accolto il ricorso nella parte in cui veniva contestata l’acquisizione da parte della Procura, senza autorizzazione, dell’estratto del conto corrente personale del Senatore Renzi, in quanto non era stato spedito dalla banca al parlamentare, ma allegato a segnalazioni di operazioni bancarie provenienti da uffici della Banca d’Italia.
Roma, 27 luglio 2023

Redazione Giurisprudenza Penale

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