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Abuso di ufficio e successione “mediata” di leggi penali: sugli effettivi retroattivi della modifica della legge extrapenale in tema di appalti c.d. sotto-soglia

Cassazione Penale, Sez. VI, 19 aprile 2024 (ud. 7 marzo 2024), n. 16659
Presidente De Amicis, Relatore Di Giovine

In tema di abuso d’ufficio, segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la sesta sezione penale si è pronunciata in tema di successione “mediata” di leggi penali con specifico riferimento alla modifica della normativa sugli appalti c.d. sotto-soglia.

La Corte ha ricordato come l’art. 50 del “nuovo” codice degli appalti abbia «recepito l’innalzamento della soglia di cui al d.l. 16/07/2020, n. 76, portandola, per i servizi, a € 140.000 (lasciando ferma la facoltà per l’amministrazione di ricorrere alle procedure aperte o ristrette allo scopo di testare il mercato e/o attivare la concorrenza)».

Nel caso che qui interessa – si legge nella decisione – «il valore complessivo dell’appalto di servizi conferito al legale ammontava a € 112.176,00 e oggi risulterebbe, dunque, sotto soglia»; di conseguenza, «si tratta di comprendere se la modifica della legge extrapenale possa sortire effetti retroattivi, facendo venire meno la rilevanza penale del fatto sulla base del fenomeno noto come successione mediata di leggi penali».

A tale quesito, la Corte ha dato risposta positiva affermando che, «ai fini della configurabilità del reato di abuso di ufficio, ha efficacia retroattiva l’innalzamento del limite-soglia al di sopra del quale la stipula di un contratto di appalto di servizi deve essere preceduta dall’avvio della procedura ad evidenza pubblica, dovendosi riconoscere all’indicata disposizione natura di norma extrapenale integratrice di quella penale, sicché, per effetto della successione mediata di leggi, viene meno la pregressa rilevanza penale di appalti di servizi di valore eccedente il previgente limite-soglia di euro 40.000,00, ma inferiore a quello successivamente introdotto, pari ad euro 140.000,00».

La modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice – prosegue il collegio – «esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale. A tal fine, la Cassazione ha precisato che l’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali va condotta facendo riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto, sicché non basta riconoscere che oggi il fatto commesso dall’imputato non costituirebbe più reato, ma occorre prendere in esame la fattispecie e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga in collegamento con la disposizione incriminatrice un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta letteralmente immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella extrapenale sia cambiata e in parte non sia più prevista come reato, con l’effetto di ricondurre il fenomeno della “successione mediata” ad una abolitio criminis parziale».

Avendo l’art. 323 cod. pen. la struttura di una norma prevalentemente in bianco – conclude la Cassazione – «la condotta può essere identificata soltanto mediante il riferimento alla violazione di leggi concernenti il comparto della pubblica amministrazione, sicché la legge extra-penale finisce con il riempire di senso il precetto penale».

Redazione Giurisprudenza Penale

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