ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

Compensi «irrisori» di interpreti e traduttori a richiesta dell’autorità giudiziaria: il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale

Tribunale di Firenze, Sez. I, Ordinanza, 3 aprile 2024
Giudice dott. Attinà

Segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui il Tribunale di Firenze ha solleva questione di legittimità costituzionale della norma che stabilisce i compensi – definiti “irrisori” – previsti per interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria.

Come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale, «la previsione di una remunerazione “seriamente sproporzionata per difetto” finisce per determinare l’allontanamento dal circuito giudiziario dei professionisti più qualificati e la persistente disponibilità ad assumere l’incarico d’interprete soltanto di soggetti che non abbiano i titoli e/o le competenze per fruire sul mercato di occasioni lavorative più equamente remunerate».

Non è un caso – si legge nell’ordinanza – «che in numerose occasioni, per le udienze deputate alla convalida degli arresti, non si rinvenga la disponibilità di alcun soggetto a svolgere l’incarico d’interprete (e la giurisprudenza legittima lo svolgimento dell’udienza di convalida dell’arresto di un soggetto che non comprenda la lingua italiana pur in assenza di un interprete, ravvisando nel mancato reperimento di un interprete un’ipotesi di forza maggiore)».

L’esistenza sul punto di tante pronunce di legittimità (e dunque di tante occasioni in cui la Corte di cassazione ha dovuto affrontare la questione) «conferma la diffusione del problema del reperimento di interpreti nei tempi ristretti previsti per le udienze di convalida degli arresti (udienze nelle quali peraltro si svolge un’attività processuale particolarmente delicata, volta ad accertare – previa effettuazione dell’interrogatorio dell’imputato – la legittimità dell’arresto e la necessità di disporre l’applicazione di una misura cautelare limitativa della libertà personale)».

Il tema dell’effettiva qualità dell’interpretariato – prosegue il giudice a quo – «dipende dall’importo assai modesto previsto dalla normativa italiana per il compenso degli interpreti: tale compenso è commisurato al tempo impiegato dall’interprete ed è determinato in base alle vacazioni (ciascuna di 2 ore): l’onorario per la prima è di € 14,68 e per ciascuna delle successive è di € 8,15. Dunque, per le prime due ore il compenso dell’interprete è di 7,34 €/h; in seguito, compenso è di 4,075 €/h».

Si tratta, ad avviso del Tribunale, «di una remunerazione assolutamente inadeguata, che già era tale in origine, ma che tanto più lo è diventata per effetto del mancato aggiornamento degli onorari ad opera dei decreti ministeriali, situazione già censurata a più riprese dalla Corte costituzionale, ma rimasta immutata».

A subire un pregiudizio – conclude l’ordinanza –  «sono non solo il professionista – che avrebbe diritto ad essere compensato dignitosamente – ma anche e soprattutto l’amministrazione della giustizia e lo stesso imputato. L’entità irrisoria degli onorari, infatti, comporta l’elevata probabilità che ne derivino effetti negativi per la qualità della prestazione dell’ausiliario, sia in termini di tendenziale allontanamento dal circuito degli ausiliari dei soggetti più qualificati, sia in termini di sensibile rischio che soggetti sottopagati non profondano il necessario impegno nell’espletamento».

Redazione Giurisprudenza Penale

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