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La sentenza della Corte di Assise di Milano per l’omicidio di Manuel Mastrapasqua

Corte di Assise di Milano, Sez. I, 10 settembre 2025 (ud. 2 luglio 2025), n. 10
Presidente Estensore dott.ssa Antonella Bertoja 

Segnaliamo ai lettori, con riferimento al procedimento per l‘omicidio di Manuel Mastrapasqua, la sentenza con cui la Corte di Assise di Milano ha condannato l’imputato a 27 anni di reclusione.

In punto di diritto, i giudici hanno affrontato, in particolare, il tema delle cd. “attenuanti generiche“, riconosciute all’unanimità dalla Corte di Assise.

Dopo aver ricordato che le “generiche” hanno lo scopo di «consentire un migliore e più attento adeguamento della pena al caso concreto» e non sono uno strumento con cui si attribuisce al giudice un «regale potere di grazia e di indulgenza all’imputato», la Corte di Assise ha menzionato, tra gli elementi valutati positivamente in tal senso, la giovane età dell’imputato (19 anni), che «non rileva in sé, ma in quanto ha trovato riflesso nell’immaturità dell’imputato, che ha agito in modo irruento e superficiale (sull’onda di una spinta adrenalinica o emotiva) e che, per prevalere sulla vittima, ha dato luogo a un danno del tutto sproporzionato e esorbitante rispetto al proprio obiettivo, consistente nell’impossessamento di un bene di valore effimero».

L’imputato – prosegue la pronuncia – «nel porre in essere un tentativo di fuga il cui carattere approssimativo era esso stesso specchio della scarsa convinzione del suo autore, si è poi consegnato alla Polizia Ferroviaria dichiarandosi colpevole senza che gli fosse stata posta alcuna domanda, dando voce al proprio turbamento interiore (il che non è frutto di una strategia difensiva, ma semmai dell’incapacità di sorreggere il peso delle conseguenze delle proprie azioni, a dimostrazione del fatto che la struttura criminale dell’imputato è fortunatamente ancora acerba)».

E’ stato poi valutato positivamente l’atteggiamento collaborativo dell’imputato, «che si è tradotto anche nella scelta di acconsentire all’acquisizione degli atti formatisi al di fuori del contraddittorio delle parti» e che è stato definito «espressione della scelta dell’imputato di contribuire a una rapida definizione della vicenda processuale».

La Corte di Assise ha, invece, negato potesse avere rilevanza la provenienza “geografica” dell’imputato: «l’applicazione delle attenuanti generiche non può dipendere dal luogo di residenza dell’imputato, perché tale soluzione darebbe luogo a un odioso pregiudizio, in base al quale tutti gli abitanti del comune di Rozzano (ma non solo) sarebbero maggiormente inclini alla delinquenza e, di conseguenza, dovrebbero godere di un trattamento sanzionatorio favorevole, quasi a compensare una presunta incapacità dello Stato a colmare lacune educative e devianze sociali in una determinata area geografica».

Peraltro – conclude la sentenza – «nessun dato sulla criminalità è stato prodotto in giudizio e, anche laddove si fosse adempiuto a tale onere, in alcun modo siffatto dato statistico avrebbe potuto incidere sulla valutazione della condotta dell’imputato. Quest’ultimo – prima ancora che cittadino del comune in questione – è un individuo che, pur essendo fisiologicamente influenzato dal proprio ambiente d’origine, non è una mera proiezione di tale luogo, ma dispone di libero arbitrio e di una personalità complessa, frutto della commistione di stimoli eterogenei, positivi o negativi, stratificatisi nel corso degli anni».

Redazione Giurisprudenza Penale

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