La Cassazione in tema di principio di proporzionalità («canone di legittimità delle ingerenze lesive dei diritti fondamentali») e sequestro di dispositivi informatici
Cassazione Penale, Sez. VI, 26 novembre 2025 (ud. 16 ottobre 2026), n. 38331
Presidente Fidelbo, Relatore D’Arcangelo
Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la sesta sezione penale della Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla rilevanza del principio di proporzionalità – definito «canone di legittimità delle ingerenze lesive dei diritti fondamentali» – nel caso di sequestro di dispositivi informatici.
Il sequestro di tali dispositivi – si legge nella pronuncia – “costituisce una misura particolarmente invasiva della sfera personale in quanto l’accesso a tale supporto fornisce, non solo informazioni relative a particolari condotte degli interessati oggetto di indagine, ma un quadro completo di aspetti significativi della loro vita passata e attuale“.
Questa forma di sequestro “rende possibile un’esaustiva “profilazione” basata sulla personalità e sui movimenti degli interessati e consente di trarre conclusioni dettagliate su loro comportamenti, inclinazioni personali e idee; tali dati, inoltre, possono riguardare anche terzi estranei all’illecito penale, per cui la misura può incidere anche sulla loro sfera personale“.
Ne consegue che, “al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità è, dunque, necessario che il PM illustri nel decreto di sequestro probatorio: i) le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso onnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca; ii) i criteri che devono presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, giustificando, altresì, l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi dal perimetro temporale dell’imputazione provvisoria; iii) i tempi ragionevoli entro cui verrà effettuata tale selezione con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti“.
Pertanto, “deve ritenersi in contrasto con tali principi un’eventuale decisione che – come nel caso di specie – si sia limitata a richiamare l’impossibilità di ricorrere a chiavi di ricerca, la peculiarità del caso di specie (che avrebbe imposto un’attenta analisi della messaggistica tra le parti) e i rapporti vicendevolmente intessuti tra gli indagati“,
Tali ragioni – conclude la pronuncia – “sono state, infatti, affermate in modo puramente apodittico, in quanto potrebbero essere poste a fondamento di qualsiasi provvedimento di apprensione dei dati telematici di un indagato. Né si può obiettare che le censure del ricorrente possano essere “derubricate” a questioni meramente esecutive, posto che la proporzionalità del sequestro ne costituisce specifico requisito di legittimità e fondamento costituzionale“.






