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L’applicabilità delle presunzioni tributarie al processo penale. Una interessante archiviazione richiesta dalla Procura della Repubblica di Milano

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 4 – ISSN 2499-846X

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, 18 aprile 2018
Richiesta di archiviazione

Venendo incontro all’auspicata richiesta formulata in un intervento pubblicato sul questa rivista[1], si propone all’attenzione un recente provvedimento di archiviazione richiesto dalla Procura della Repubblica di Milano (con successivo decreto di archiviazione redatto per relationem da parte del GIP).

Per una migliore comprensione occorre indicare che il procedimento penale in oggetto prendeva le mosse dalla denuncia penale trasmessa dalla Agenzia delle Entrate competente per territorio, per l’asserita violazione dell’art. 2 D. Lgs. 74/2000, effettuata nell’ambito di una indagine di natura fiscale a carico di soggetto terzo (A) operante nel settore sportivo professionistico, in materia di sponsorizzazione.

Secondo quanto sostenuto dall’agenzia fiscale ove si trovava la sede legale di (A) infatti, tutti (ed indistintamente) i contratti di sponsorizzazione intercorsi negli anni oggetto di verifica e successiva contestazione tra (A) e tutti gli sponsor, ivi compresa (B), erano stati oggetto di una sovra fatturazione pari al 50%, come peraltro prassi corrente nel settore delle sponsorizzazioni di carattere sportivo[2].

L’unica fonte di prova in atti risultava quindi essere la presunzione espressa dalla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente per (A) sulla base della quale risultava essere stato contestato al legale rappresentante di altra società (B), l’utilizzo di fatture emesse da (A) per operazioni parzialmente inesistenti ed utilizzate da (B).

Infatti, come è dato leggersi nel provvedimento, a fronte della richiesta rivolta all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente per (B), di notiziare l’Autorità Giudiziaria sugli esiti degli accertamenti esperiti nei confronti della società (B) e sulle valutazioni di merito che ne fossero scaturite, (anche) alla luce del Verbale di Contraddittorio redatto, la predetta Agenzia, nel premettere come la società (B) non fosse  al corrente degli esiti dei controlli svolti su di (A) e dai quali era scaturita la notizia di reato a carico del proprio rappresentante legale, affermava di non avere ancora effettuato alcuna propria autonoma valutazione.

Poiché quindi l’intera ipotesi accusatoria si basava sulla presunzione operata dall’Amministrazione Finanziaria, il punto focale, come sostenuto in sede difensiva, risultava essere la vexata quaestio del  valore probatorio delle presunzioni tributarie in sede di procedimento penale.

Come difatti noto gli accertamenti fiscali rientrano nella categoria dei documenti extra-processuali ricognitivi di natura amministrativa, cosicché, nel momento in cui vengano ad assumere la veste di Comunicazione di Notizia di Reato, devono essere soggetti alle indagini di competenza dell’Ufficio della Pubblica Accusa che, tuttavia, non potendo poggiare una ipotesi accusatoria unicamente su presunzioni valide esclusivamente nell’ambito tributario, dovrà prendere le mosse dalla stessa per ricercare riscontri di natura oggettiva tali da poter sostenere la colpevolezza del contribuente nel rispetto del principio cd. BARD – beyond all reasonable doubt – .

Trattasi, come noto, del noto tema secondo cui le presunzioni tributarie non possono, di per se sole ed in via autonoma, rilevare nel processo penale, dove devono risultare dominanti, i diversi e più rilevanti principi della presunzione di non colpevolezza, della ricerca della verità reale – senza inversione dell’onere probatorio, tipico dell’accertamento tributario – e del libero convincimento del giudice[3].

In conclusione, emergendo con evidenza come la presunzione tributaria svolta dalla competente Direzione Provinciale Fiscale (operata peraltro indistintamente sull’intero novero degli sponsor di (A)) – perlomeno per la specifica posizione di (B) – non risultasse in alcun modo supportata da ulteriori e autonomi dati indiziari atti a sostenere un idonea accusa in giudizio proprio sulla scorta del richiamato orientamento della corte di legittimità[4], la difesa richiedeva disporsi richiesta di archiviazione, trovando accoglienza presso l’Ufficio della Pubblica Accusa, con il provvedimento di seguito allegato.


[1] M. Picotti, Sulla rilevanza delle presunzioni tributarie nel procedimento cautelare reale e nell’accertamento del fatto di reato, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1
[2] In aperta violazione del divieto del “preaesumptum de praesumpto” per il quale è inammissibile il ricorso a presunzioni che si fondano su ulteriori presunzioni, ndr..
[3] Quanto sopra esposto trova altresì l’adesione in diverse pronunce della Suprema Corte di Cassazione. “Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur potendo avere valore indiziario, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente a elementi di riscontro che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa” (Cass., Sez. III Pen., est. Scarcella, 2 marzo – 18 aprile 2016 n. 15899). Conforme Cass. Sez. III Pen., n. 7078 del 23/01/2013 e Cass. Sez. III Pen. N. 2246 del 01/02/1996.
[4] Vedasi altresì sul punto: “In tema di reati tributari, ai fini della prova del reato, il giudice può, dunque, fare legittimamente ricorso agli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza o dell’ufficio finanziario […] pur dovendo il proprio esame estendersi a valutare ogni eventuale indizio acquisito in quanto l’autonomia del procedimento penale rispetto a quello tributario non esclude che, ai fini della formazione del suo convincimento, il giudice penale posa avvalersi degli stessi elementi che siano assunti non con l’efficacia di certezza legale, ma come dati processuali oggetto di libera valutazione ai fini probatori e, siccome dette presunzioni hanno il valore di un indizio, esse, per assurgere a dignità di prova, devono trovare oggettivo riscontro o in distinti elementi di prova ovvero in altre presunzioni, purché siano gravi, precisi e concordanti” (Cass., Sez. III, udienza del 23/06/2015 n. 30890/2015).

Come citare il contributo in una bibliografia:
S. Nicastro, L’applicabilità delle presunzioni tributarie al processo penale. Una interessante archiviazione richiesta dalla Procura della Repubblica di Milano, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 4