ARTICOLIDIRITTO PENALEResponsabilità degli enti

Responsabilità degli enti: il Tribunale di Brindisi si pronuncia sulla applicabilità del d. lgs. 231/2001 alle società unipersonali

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Tribunale di Brindisi, 21 febbraio 2022 (ud. 13 gennaio 2022), sentenza n. 28
Giudice dott. Simone Orazio

Segnaliamo ai lettori, in tema di responsabilità degli enti, la pronuncia con cui il Tribunale di Brindisi si è pronunciato sulla questione relativa alla applicabilità del D. Lgs n. 231/2001 alle società unipersonali.

Il Tribunale ha preso le mosse ricordando come il vero target preso di mira dal d. lgs. 231/2001 sia la “colpa di organizzazione”, che «intanto esiste in quanto sia possibile accertare l’esistenza di una struttura organizzata in maniera complessa che vive mediante la sinergia di risorse umane e materiali foriere di rapporti giuridici di cui risponde l’ente, inteso come soggetto distinto da chi ha agito nel concreto».

Ciò premesso, il Tribunale ha fatto applicazione del “decalogo” fornito dalla Cassazione sul punto (si veda la pronuncia Cass. Pen. n. 45100/2021), secondo la quale, posto che  «si deve evitare che la persona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata, costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso, eviti l’applicazione del d. lgs. n. 231, sostenendo di essere una impresa individuale», vi è la necessità di «accertare in concreto se, in presenza di una società unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare la responsabilità dell’ente; un accertamento che non è indissolubilmente legato a criteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della struttura organizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell’ente da quello della persona fisica che lo governa, e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell’ente – di fatto inesigibile – disgiunta da quella dell’unico socio».

Proprio applicando tali criteri (sia “quantitativi” sia “funzionali”, ossia relativi alla modalità di organizzazione dell’ente), il Tribunale è giunto a ritenere che la società in questione «si identificasse, in tutto e per tutto, con i soci, difettando del tutto una governance a qualunque livello: non vi era alcuna organizzazione degna di questo nome a livello gestionale, finanziario, occupazionale e contabile. Detto in altri termini, nella società è mancata qualunque politica aziendale riferibile all’ente, inteso come complessa organizzazione unipersonale e, quindi, soggetto distinto dalla proprietà».

Tutto questo – prosegue il Tribunale – «dimostra in maniera plastica che la società solo formalmente fosse una società unipersonale a responsabilità limitata, ma di fatto era in tutto e per tutto assimilabile ad una ditta individuale, perché come quest’ultima veniva gestita, e però alla ditta individuale è pacifico come non si applichi il d. lgs. 231/2001».

Le considerazioni che precedono – conclude la pronuncia – «non solo permettono di affermare, irrefutabilmente, come mancasse una organizzazione complessa sì da distinguere l’ente rispetto a chi ne detiene la proprietà o la gestisce, ma dimostrano, in termini altrettanto lapalissiani, come sia impossibile apprezzare un interesse della società che fosse altro da quello dei suoi proprietari. Non a caso, le prove raccolte hanno acclarato l’inesistenza di una qualunque pianificazione strategica dell’ente in parola, il cui unico interesse o scopo coincideva con quello degli imputati e consisteva nell’arricchirsi illecitamente a danno dei dipendenti: per ritornare sul tema della politica aziendale, essa è coincisa con le scelte criminali del socio unico e dell’amministratore e, quindi, con i reati commessi dai coniugi».

Redazione Giurisprudenza Penale

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