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Processo sul crollo del ponte Morandi: l’ordinanza di esclusione di Aspi e Spea come responsabili civili

Tribunale di Genova, Ordinanza, 19 settembre 2022
Presidente dott. Lepri, Giudici dott. Baldini – dott. Polidori

Segnaliamo ai lettori, con riferimento al processo sul crollo del ponte Morandi, la decisione con cui il Tribunale di Genova ha disposto l’esclusione delle società Aspi S.p.A. e Spea Engineering S.p.A come responsabili civili.

Il Tribunale prende le mosse ricordando come l’art. 86 c.p.p. stabilisca, al primo comma, che “la richiesta di esclusione del responsabile civile può essere proposta dall’imputato, nonché dalla parte civile e dal pubblico ministero che non ne abbiano chiesto la citazione” e, al secondo comma, che “la richiesta può essere proposta altresì dal responsabile civile che non sia intervenuto volontariamente anche qualora gli elementi di prova raccolti prima della citazione possano recare pregiudizio alla sua difesa in relazione a quanto previsto dagli artt. 651 e 654 c.p.p.”.

Nel caso di specie – osserva il Tribunale – «ben prima della citazione di entrambi i responsabili civili, sono stati raccolti elementi di prova (sono in particolare state disposte ed eseguite due perizie in sede di incidente  probatorio) ed è pacifico in giurisprudenza (cfr. Cass.  Sez. III, 49456/03) che in casi siffatti il responsabile civile debba essere, a sua richiesta, estromesso sol che lo stesso abbia, come nel caso di specie, rappresentato l’esistenza di elementi potenzialmente pregiudizievoli e senza che il giudice debba verificare la fondatezza del nocumento arrecato al responsabile civile dalla citazione, dal momento che, in tale caso, vi sarebbe una indebita ed anticipata ponderazione del materiale probatorio precedentemente acquisito (cfr. Cass. Sez. IV, 35684/18)».

Né può obiettarsi – prosegue l’ordinanza – «che alla conclusione cui si è pervenuti osti il fatto che sia ASPI sia SPEA, attraverso i loro consulenti, ebbero in realtà a partecipare all’assunzione delle prove suddette, pur se nella qualità di soggetti indagati dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies D. Lgs. 231/2001: l’obiezione trascura, infatti, la circostanza per cui ciò che rileva al fine dell’operatività del meccanismo di cui all’art. 86 c.2 c.p.p. è la veste formale nella quale la partecipazione all’assunzione della prova è avvenuta, dipendendo solo da essa lo specifico contenuto del mandato ricevuto dai difensori e la strategia difensiva da adottare in ragione delle differenze strutturali tra la responsabilità amministrativa da reato dell’ente, che è responsabilità diretta per fatto proprio, e la responsabilità civile, che è invece responsabilità indiretta per il fatto dell’imputato persona fisica».

La norma in questione descrive, quindi, «un automatismo e tale automatismo non può essere liquidato come irragionevole per il solo fatto che nella fase delle indagini preliminari il responsabile civile non è ancora presente: il responsabile civile è, infatti, soggetto processuale solo eventuale e la sua esclusione dal processo non pregiudica in alcun modo che lo stesso possa essere chiamato a rispondere per i medesimi fatti in sede civile».

Ciò chiarito, il Tribunale prosegue osservando come la circostanza che le due società «abbiano partecipato al presente procedimento, fino dal momento dell’assunzione di prove in sede di incidente probatorio, nella qualità di enti indagati ex D. Lgs. 231/01» – e che in tale qualità abbiano in seguito patteggiato l’applicazione di una sanzione pecuniaria con sentenza divenuta irrevocabile – potrebbe, semmai, «rappresentare la definitiva conferma della fondatezza della richiesta di esclusione».

Dopo aver ricordato come, ai sensi dell’art. 83 c.p.p. (seconda parte del primo comma, letta alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 218 del 2014), “l’imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati per il caso in cui venga prosciolto o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere“, il Tribunale è passato a valutare se sussistano fondati motivi per ravvisare profili di incompatibilità fra tale disposizione ed il procedimento volto ad acclarare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

A tale quesito il Collegio ha fornito risposta negativa: se, infatti, la ratio della norma è «quella di evitare la sovrapposizione della responsabilità per fatto proprio (dell’imputato) con quella per fatto altrui (del responsabile civile), e ciò sulla base del presupposto che “contestualmente” – ossia all’interno del medesimo procedimento – non si può rispondere a due titoli differenti, nulla pare poter ostare all’applicazione di essa all’ente chiamato a rispondere in base alle previsioni del D. Lgs 231/2001». Secondo il Tribunale, dunque, «è indifferente se la responsabilità amministrativa dell’ente sia o meno sovrapponibile alla responsabilità penale degli imputati persone fisiche, dal momento che ciò che rileva è in via esclusiva che tale responsabilità non sia sovrapponibile a quella civile per il fatto altrui».

Ne deriva che «le previsioni dettate dall’art. 83 c.p.p. per gli imputati persone fisiche risultano del tutto compatibili con il procedimento a carico degli enti chiamati a rispondere a titolo di responsabilità amministrativa, con la conseguenza che, salvo non volere accedere ad interpretazioni di dubbia costituzionalità (introducendo irragionevoli differenziazioni tra imputato, assoggettabile in via diretta a sanzione penale, ed ente responsabile ex D. Lgs 231/2001, assoggettabile anch’esso in via diretta a sanzioni di indubbia natura punitiva), le previsioni suddette non possono che ritenersi applicabili al procedimento de societate (alla luce di quanto disposto dall’art. 35 D. Lgs. 231/2001, che estende all’ente tutte le disposizioni processuali, quale quella di specie, relative all’imputato, “in quanto compatibili”».

In conclusione, tenuto conto di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza sopra citata, «la prospettiva di un proscioglimento degli enti che in oggi chiedono l’esclusione dal processo appare in tutta evidenza irrealizzabile, posto che entrambi i responsabili civili hanno patteggiato, all’esito dell’udienza preliminare, l’applicazione di una sanzione pecuniaria, con la conseguenza che, essendo la relativa sentenza divenuta irrevocabile, la condizione sospensiva non potrà mai avverarsi».