CONTRIBUTIDIRITTO PENALE

Le fattispecie di “realizzazione” e “gestione” di una discarica abusiva: la gestione in forma omissiva

in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 3 – ISSN 2499-846X

Tribunale di Lagonegro, 4 novembre 2022 (ud. 20 gennaio 2022), n. 49
Giudice dott. Silvio Maria Piccinno

Con la sentenza in epigrafe, che qui brevemente si annota, il Tribunale di Lagonegro in composizione monocratica si è pronunciato sulla responsabilità penale di chi, succeduto ad altri nella disponibilità di una discarica abusiva, ometta di attivarsi per rimuovere la situazione di antigiuridicità.

In premessa il giudice ha enunciato gli elementi costitutivi di una discarica abusiva. Essi consistono nel deposito dei rifiuti in un’area oggettivamente destinata al loro stoccaggio, «perché vi rimangano per un tempo indeterminato fino alla loro consunzione, con il conseguente pericolo per la contaminazione del suolo e del sottosuolo a seguito del rilascio dei loro componenti in conseguenza dell’azione degli eventi atmosferici e dello stesso inesorabile decorso del tempo».

Non paiono invece decisivi né il quantitativo particolarmente ingente dei rifiuti accumulati né l’elevata estensione dell’area interessata, fattori che incidono piuttosto sulla gravità del reato. Non può costituire, infine, elemento essenziale delle fattispecie illecite in materia di discarica abusiva il “degrado” dell’area, in considerazione del fatto che la realizzazione e la gestione di una discarica abusiva configurano reati di pericolo per l’ambiente, sicché può ritenersi sufficiente che l’accumulo dei rifiuti sia idoneo a innescare il rischio della contaminazione, non richiedendosi l’accertamento, peraltro particolarmente complesso, di una compromissione già avveratasi (contra, Cass. sez. III, 18 settembre 2008, n. 41351, CED 241533).

In secondo luogo, il giudice lagonegrese si è soffermato sull’analisi della condotta di “realizzazione” di una discarica abusiva. Essa consiste nella trasformazione di un’area in un “ricettacolo di rifiuti”, mediante uno o più conferimenti ripetuti nel tempo, degradando ad elemento eventuale ogni prodromica operazione di allestimento del sito (in senso conforme, Cass. sez. III, 16 marzo 2017, n. 18399, CED 269915); trattasi di un reato istantaneo ad effetti permanenti che si consuma quando l’area assume i connotati di «luogo utilizzato per il deposito di rifiuti per un tempo indeterminato», con l’effetto che ogni successivo conferimento non incide più sulla consumazione dell’illecito bensì sull’entità della discarica e dunque sulla gravità del reato. Sotto questo versante, la realizzazione della discarica, che può avvenire anche sulla base di un unico conferimento, si distinguerà dall’abbandono di rifiuti (illecito amministrativo) non tanto per l’occasionalità, che costituisce in effetti un tratto potenzialmente comune tra le due fattispecie, quanto per i connotati dimensionali della dismissione. Solo nel caso della discarica, essi saranno tanto importanti da generare un concreto pericolo per l’aria, il suolo e il sottosuolo.

Nell’ottica della progressione criminosa si pone la diversa ipotesi di “gestione” della discarica abusiva, sicché soltanto essa potrebbe essere contestata al realizzatore che abbia anche continuato a gestire il sito. In questa peculiare ipotesi, che non annovera un momento di cesura tra realizzazione e gestione, perde rilievo la natura giuridica del reato di realizzazione quale illecito istantaneo ad effetti permanenti, a cagione della sostanziale continuità operativa della discarica, ascrivibile alla successiva condotta gestoria, la quale potrà eventualmente consistere in ulteriori conferimenti che incrementeranno il quantitativo di rifiuti già presente.

Venendo proprio alla più incerta nozione di “gestione” della discarica abusiva, il giudice esordisce richiamando la sua sostanziale assimilabilità agli atti di amministrazione, utilizzazione e conservazione del sito, durante l’intero ciclo di vita dei rifiuti: dal deposito allo smaltimento finale.

Epperò la gestione, stando alla sentenza in commento, non richiede necessariamente una condotta commissiva (contra, Cass. sez. III, 9 ottobre 2007, dep. 2008, n. 2477, CED 238541), potendo manifestarsi anche sotto forma di inerzia, di consapevole messa a disposizione per futuri depositi, di tolleranza all’utilizzo da parte di terzi. Viene così proposto il definitivo superamento di quanto statuito dalle Sezioni unite “Zaccarelli” (sentenza del 5 ottobre 1994, n. 12753), secondo cui, invece, la gestione consisterebbe nell’attivazione di una organizzazione articolata o rudimentale di persone, cose e macchine, diretta al funzionamento della discarica.

Aderendo alla tesi proposta nella sentenza qui annotata, si renderebbe anche necessario il ripensamento di altri assunti secondo cui la gestione permane sino a quando avviene l’attività di conferimento e manipolazione dei rifiuti; al contrario, essendo la gestione attività ampia esercitabile anche in forma omissiva, quale mantenimento del sito e destinazione del medesimo a futuri conferimenti, non potrebbe che farsi dipendere il momento consumativo del reato di gestione di una discarica abusiva dalla rimozione totale della situazione di antigiuridicità, quando sia stata in altri termini eliminata l’oggettiva destinazione a deposito perpetuo di rifiuti.

Questa nozione di gestione risulterebbe l’unica idonea a fornire una concreta ed esaustiva tutela al bene protetto, assistendosi altrimenti «ad una politica normativa incoerente e velleitaria che colpisce quando la lesione del bene tutelato è minore e si disinteressa (almeno sotto il profilo penale) del momento in cui essa si manifesta con maggior gravità», con inevitabile esposizione della norma incriminatrice a rilievi di incostituzionalità.

A parere del giudice lagonegrese, l’interpretazione adottata di gestione consegue logicamente all’applicazione dei criteri di cui all’art. 12 preleggi: letterale, nel senso che la gestione non implica un’attività commissiva ma la mera amministrazione del sito; sistematica, essendo coerente con la definizione introdotta con l’art. 1 d.lgs. n. 36/2003 e con gli obblighi gravanti sul gestore di una discarica autorizzata quando questa è esaurita [art. 183 lett. n) d.lgs. n. 152/2006]; teleologica, permanendo l’offesa al bene giuridico tutelato finché si mette a disposizione il terreno per futuri abbandoni.

Così articolata la condotta di gestione, che può assumere forme di estrinsecazione sia commissive che omissive, il tribunale lucano sviluppa le consequenziali riflessioni in merito agli eventuali obblighi di attivazione del proprietario dell’area. Se è vero che questi, ove dovessero essere stati riversati rifiuti a sua insaputa e comunque senza il suo contributo, non può rispondere del fatto illecito altrui, gravando su di lui soltanto i conseguenti obblighi di bonifica, diversamente dovrebbe sostenersi quando il titolare dell’area adibita da altri a discarica, divenuto consapevole della situazione antigiuridica ormai consolidatasi, abbia deciso di non intervenire e di tollerare ulteriori conferimenti: in questo modo, la sua condotta omissiva diverrebbe sussumibile nella richiamata nozione di gestione.

Va soggiunto che di concorso in gestione risponderà l’autore del conferimento, anche ove occasionalmente eseguito, in tutti quei casi in cui costui si sia rappresentato (o fosse in grado di rappresentarsi) l’incidenza del proprio abbandono su una discarica già formata.

Questa interpretazione della fattispecie in esame ha consentito, nel caso di specie, di pronunciare la condanna dell’imputato, il quale – succeduto consapevolmente al figlio nella disponibilità di una discarica abusiva – rimaneva inerte, continuando così a “gestire” la discarica.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Le fattispecie di “realizzazione” e “gestione” di una discarica abusiva: la gestione in forma omissiva, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 3