Gli animali nel mito, nella storia e nel codice penale quali soggetti passivi dei nuovi “delitti contro gli animali”
in Giurisprudenza Penale Web, 2025, 6 – ISSN 2499-846X
È stata recentemente approvata una legge che, modificando alcune norme contenute nel Codice penale, costituisce un cambio radicale di prospettiva in tema di diritti degli animali.
Si tratta di una novità che è stata da subito apprezzata da tutti gli amanti degli animali, che anche in Italia sono assai numerosi. Questo traguardo è stato raggiunto dopo un dibattito millenario sulla natura degli animali – semplici res o esseri senzienti? – e, quindi, prima di trattare della nuova disciplina, potrà essere interessante ripercorrere l’evoluzione del sentimento per gli animali nella storia del pensiero sia filosofico che giuridico.
Sin dalle origini della civiltà, l’essere umano ha guardato agli animali non solo come compagni di viaggio nella vita quotidiana, ma anche come simboli, guide, specchi di virtù o vizi, protagonisti di racconti e leggende. Nell’immaginario collettivo di ogni cultura, l’animale ha spesso assunto tratti fantastici, divenendo custode di misteri, forza della natura, o emblema del soprannaturale. La mitologia di ogni popolo è infatti ricca di creature che fondono realtà e fantasia, esprimendo, attraverso la forma animale, desideri, paure, valori. Draghi, sfingi, grifoni, unicorni ed altri esseri mostruosi, in quanto composti da parti di animali diversi, come la Chimera, con testa e corpo di leone e coda di serpente, ovvero perché nati dalla combinazione di esseri reali, come il celebre Minotauro, creatura leggendaria della mitologia greca, caratterizzato da un corpo umano e testa di toro, nato dall’accoppiamento tra la regina di Creta Pasifae con un toro.
In particolare, rappresentativi di peculiari desideri dell’uomo, sono la Chimera, la Fenice ed il Cavallo alato, simboli, rispettivamente, di sogni e fantasie irrealizzabili, della aspirazione all’immortalità, posto che in mitologia la Fenice è capace di risorgere a nuova vita dalle proprie ceneri, nonché dalla tendenza naturale dell’anima a fare ritorno alla sua dimora celeste.
Questa tensione simbolica si è poi riversata nella poesia e nella letteratura, dove gli animali, essendo attribuito loro il dono della parola, assumono spesso un ruolo da protagonisti trasformandosi in strumenti di narrazione e di riflessione. Come nelle favole di Esopo e Fedro, riprese in seguito da La Fontaine, le quali hanno dato voce ad una vasta galleria di creature che incarnano comportamenti e sentimenti umani. Basti pensare alle figure del superbo leone, dell’astuta volpe, del vanitoso corvo e all’indimenticabile dialogo tra il prepotente lupo e l’innocente agnello i quali – come si legge nella icastica narrazione di Fedro – erano giunti al medesimo rivo (ad eundem rivum venerant) spinti dalla sete (siti compulsi).
“Perché” – dice il lupo che stava più in alto (superior stabat lupus) – “mi intorbidisci l’acqua?”. E, alla risposta dell’agnello che ciò non era possibile, ecco che il lupo ricorre ad un altro pretesto per aggredirlo, dicendo: “Sei mesi fa hai parlato male di me!”. E l’agnello: “Ma … non ero ancora nato!” (natus non eram). Morale della favola? Che l’aggressore ricorre sempre a falsi motivi (fictis causis) per giustificare l’oppressione dell’innocente (come, del resto, fanno gli umani quando vogliono attaccar briga o dichiarare guerra).
Anche in opere più recenti, gli animali non perdono la funzione di offrire al lettore una chiave per comprendere i comportamenti umani. Nel libro Le avventure di Pinocchio, Collodi affida al Gatto e alla Volpe il ruolo di truffatori con un linguaggio accessibile ai bambini, ma carico di insegnamenti morali. Chi non ricorda le figure del Gatto e della Volpe quando, dopo avere convinto Pinocchio a recarsi nel Campo dei Miracoli per mettere gli zecchini d’oro in una buca e innaffiare la terra, gli assicurarono che sarebbe nato “un arboscello coi rami tutti carichi di monete?”.
E, infine, ancora una volta, la volpe è protagonista di una storia dolcissima nel Piccolo Principe di Saint Exupery. Cosa vuol dire “addomesticare”? – chiede il Piccolo Principe – e la volpe di rimando, con parole che ogni volta ci toccano il cuore. Addomesticare significa “creare dei legami. Se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, ed io sarò per te unica al mondo!”.
Come citare il contributo in una bibliografia:
A. Traversi, Gli animali nel mito, nella storia e nel codice penale quali soggetti passivi dei nuovi “delitti contro gli animali”, in Giurisprudenza Penale Web, 2025, 6