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Impossibilità di effettiva autodifesa e malattia fisica irreversibile: il Tribunale di Lecce solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 159 c.p. e 72 bis c.p.p.

in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 4 – ISSN 2499-846X

Tribunale di Lecce, ordinanza 2 dicembre 2021
Giudice dott. Stefano Sernia

Si segnala l’ordinanza del 2 dicembre 2021 con cui il giudice monocratico del Tribunale di Lecce ha sollevato due questioni di costituzionalità strettamente connesse in quanto rilevanti rispetto al peculiare caso posto al suo vaglio.

In particolare, si procede per reati in materia urbanistico-ambientale avverso un imputato affetto da una gravissima malattia fisica che lo ha privato della capacità di parola, di movimento, di autonoma respirazione e alimentazione, residuando in capo alla persona le sole facoltà intellettive. Egli, in altri termini, è in grado di recepire e comprendere gli stimoli esterni ma non è in grado di recarsi nell’aula di udienza o, seppure ivi trasportato, di interloquire in alcun modo col giudice o col proprio difensore.

Il processo, sin dall’anno 2016, è rimasto sospeso (e così anche la prescrizione ex art. 159 c.p.) per le reiterate richieste di rinvio, supportate dalle certificazioni mediche, le quali attestano non solo il mancato miglioramento delle condizioni di salute, ma la progressiva ingravescenza della patologia, ormai in stato di irreversibilità.

Il giudice rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 72 bis c.p.p., in quanto esso consente al giudice di emettere sentenza di non doversi procedere avverso l’imputato quando questi, sottoposto agli accertamenti ex art. 70 c.p.p. sulla capacità di stare in giudizio, risulti per infermità mentale impossibilitato a partecipare coscientemente al processo: ciò si tradurrebbe in una irragionevolezza della norma, in conflitto con l’art. 3 Cost.

Infatti, come sostenuto dal giudice pugliese, la ratio dell’art. 72 bis c.p.p. è quella di non prolungare oltremodo una vicenda giudiziaria quando risulta l’impossibilità di realizzare un valido contraddittorio con l’imputato.

Tale condizione si manifesta, a ben vedere, anche nel caso in cui la partecipazione dell’imputato, affetto da patologia fisica e non mentale, si traduca in una «muta presenza al processo, senza alcuna capacità di comunicare – né col Tribunale né col suo difensore – e quindi senza possibilità di difendersi». Tuttavia, per questa seconda ipotesi, irragionevolmente, non è previsto un analogo meccanismo procedurale che consenta di porre fine al processo, residuando in capo al giudice la sola possibilità di accogliere ripetutamente le istanze del difensore, rinviando progressivamente tutte le udienze – intanto dichiarando sospesa la prescrizione – sino al decesso dell’imputato, cui conseguirebbe la pronunzia di non doversi procedere per estinzione del reato ex art. 150 c.p.

La seconda questione di legittimità costituzionale è proposta in via subordinata, gode della medesima rilevanza nel caso di specie e si fonda sulla violazione dello stesso parametro costituzionale (art. 3 Cost.).

Il giudice rimettente infatti rileva una disparità di trattamento tra il caso al suo vaglio, nel quale si assiste a una sospensione perpetua della prescrizione dipendente dai reiterati rinvii per legittimo impedimento dell’imputato ex art. 159 n. 3 c.p., e il caso dell’imputato irreperibile per il quale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 159, ultimo comma, c.p. e 420 quater c.p.p., si prevede un tempo massimo di sospensione del decorso della prescrizione (un quarto del termine ordinario di prescrizione, nel caso di specie coincidente con un anno, vertendosi in materia di contravvenzioni).

Anche in questa ipotesi, osserva il rimettente, la disciplina sulla sospensione del processo a carico degli irreperibili si regge sulla necessità di assicurare un valido contraddittorio all’imputato, mentre la sospensione massima della prescrizione avrebbe l’effetto di «evitare il peso – inutile, dispendioso, dannoso per lo Stato e l’imputato – della pendenza di un processo non celebrabile».

In conclusione, il Tribunale di Lecce in composizione monocratica ha rimesso alla Consulta, per violazione dell’art. 3 Cost.:

a) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 bis c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice dichiari non doversi procedere nei confronti dell’imputato anche nei casi in cui la sua irreversibile incapacità di partecipare coscientemente al processo discenda da patologie fisiche e non mentali;

b) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 159 ultimo comma del codice penale nella parte in cui non prevede che la sospensione del decorso della prescrizione, nel caso in cui dipenda da sospensione del processo per impossibilità di procedere in assenza dell’imputato, non operi anche nelle ipotesi in cui tale sospensione sia imposta dall’impossibilità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo.

Le due questioni godrebbero di rilevanza per il giudizio a quo, posto che, se venisse accolta la questione sub a), il Tribunale potrebbe immediatamente pronunciare la relativa sentenza di non doversi procedere; ove venisse accolta la questione sub b), il Tribunale potrebbe pronunciare l’estinzione del reato per prescrizione atteso il tempo trascorso, al netto della parentesi sospensiva massima.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Impossibilità di effettiva autodifesa e malattia fisica irreversibile: il Tribunale di Lecce solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 159 c.p. e 72 bis c.p.p., in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 4