ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALEIndagini e processo

Anche il consulente tecnico della persona offesa rientra tra i consulenti delle «parti private» che il giudice può autorizzare ad esaminare le prove acquisite dal consulente del PM

Cassazione Penale, Sez. IV, 19 luglio 2022 (ud. 10 maggio 2022), n. 28291
Presidente Ferranti, Relatore D’Andrea

Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la Corte di Cassazione – pronunciandosi nell’ambito del procedimento relativo alla morte di Youns El Boussettaoui (avvenuta a Voghera il il 20 luglio 2021) – ha affermato il principio di diritto tale per cui anche il consulente tecnico della persona offesa rientra tra i consulenti delle «parti private» che il giudice, su richiesta del difensore, può autorizzare ad esaminare atti e prove già acquisite dal consulente tecnico nominato dalla Procura.

I giudici di legittimità – che hanno annullato senza rinvio la decisione del GIP di dichiarare inammissibile la richiesta delle persone offese di opposizione al diniego del P.M. di consentire al loro consulente tecnico di esaminare gli atti – hanno affermato che, sebbene «un’interpretazione strettamente letterale della locuzione «parti private» sembrerebbe escludere tale possibilità, conformemente alle argomentazioni utilizzate dal G.I.P., che ha conferito decisiva valenza al dettato dell’art. 90 c.p.p., che, nell’individuare in quelli elencati in tale norma i diritti e le facoltà spettanti alla persona offesa, non ha espressamente indicato quelli previsti dall’art. 233 c.1-bis c.p.p., così precludendone la possibilità di esercizio da parte della persona offesa», tuttavia «è possibile esaminare la dedotta questione in diverso modo, privilegiando una lettura coordinata e sistematica della disposizione dell’art. 233 c.1-bis c.p.p., così pervenendo ad una soluzione del tutto antitetica».

Secondo questa seconda accezione – si legge nella decisione – «deve assumere significato il fatto che allorquando l’art 391-bis c. 8 c.p.p. affianca la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa alle «altre parti private», lungi dall’esprimere una differenziazione tra le une e le altre, sembra piuttosto sottolineare come la categoria processuale della parte privata, riferibile in senso proprio allo svolgimento processuale successivo all’esercizio dell’azione penale, nel corso delle indagini preliminari vada calibrata sulle (“altre”) figure di parti private, sia pure potenziali, per l’appunto costituite dall’indagato e dalla persona offesa. Nella nozione generale di «parti private», quindi, rientrerebbe, a giusto titolo, anche la persona offesa».

Questo concetto – prosegue la Corte – «sembra indurre a ritenere che un’analoga considerazione della nozione di «parti private» debba essere compiuta pure riferendosi alle specifiche situazioni che legittimano l’intervento dei consulenti tecnici, di cui al primo periodo della norma del comma 1-bis dell’art. 233 c.p.p., che in tale dizione sembra racchiudere tutti gli altri soggetti processuali diversi dal P.M., parte deputata a svolgere le indagini, cui compete l’autorizzazione ad esaminare gli atti ove si proceda nella fase delle indagini preliminari».

Del resto – si conclude – si deve «operare un raccordo tra i commi 1 e 1-bis dell’art. 233 c.p.p., nel senso che se la persona offesa deve ritenersi legittimata a nominare il consulente tecnico, secondo quanto previsto dal comma 1 (che riferisce tale potere a «ciascuna parte»), la stessa persona offesa deve, poi, anche essere considerata titolare del conseguente potere di impugnare l’ordinanza conclusiva del procedimento camerale di opposizione».

Redazione Giurisprudenza Penale

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