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Il Tribunale di Milano interviene in tema di criptovalute e limiti all’emissione di moneta elettronica in assenza di autorizzazione della Banca d’Italia

Tribunale di Milano, Sez. II, 5 aprile 2023
Giudice dott.ssa Francesca Ballesi

In tema di criptovalute, segnaliamo ai lettori la sentenza con cui il Tribunale di Milano si è pronunciato sui limiti all’emissione di moneta elettronica in assenza di autorizzazione della Banca d’Italia.

Il Tribunale ha preso le mosse ricordando come, ad avviso della Cassazione, “la valuta virtuale deve essere considerata strumento di investimento perché consiste in un prodotto finanziario, per cui deve essere disciplinata con le norme in materia di intermediazione finanziaria e ciò a prescindere dalle modalità di pubblicizzazione adottate dall’offerente e dando rilievo all’elemento soggettivo del reato rappresentato dall’aspettativa di rendimento dell’investitore, piuttosto che all’elemento oggettivo costituito dalla causa (finanziaria o meno) dell’operazione”.

Ciò premesso – e passano ad analizzare gli aspetti più significativi degli artt. 131 bis e 132 TUB – “il testo letterale della prima disposizione sanziona chiunque emetta moneta elettronica in violazione dell’art. 114 bis e senza essere iscritto all’albo menzionato dagli artt. 13 e 114 bis del medesimo testo legislativo, mentre l’art. 132 punisce chiunque svolga nei confronti del pubblico una o più attività finanziarie previste dal TUB”.

Quanto alla prima ipotesi, “la norma non fornisce particolari delucidazioni in relazione all’emissione di moneta elettronica: in un’ottica di offensività anticipata, potrebbe coincidere con il primo atto di emissione abusiva precedente la fase del caricamento del valore monetario su un determinato dispositivo oppure, ai fini dell’effettiva consumazione della fattispecie illecita, dovrebbe essere necessario attendere il completamento dell’operazione di caricamento con disponibilità della valuta economica“.

Tuttavia, “sebbene in prima battuta, la norma potrebbe apparire come sintetica e poco espressiva, ad un’analisi più attenta della disposizione in esame, ponendo in connessione questa fattispecie con quelle immediatamente precedenti, si può notare come l’art. 131 bis punisca, a differenza delle altre aventi ad oggetto l’attività e la condotta di emissione, il singolo evento e, pertanto, la singola operazione di emissione abusiva“.

Con riferimento poi al profilo psicologico, “questo deve individuarsi nel dolo generico da parte del soggetto agente, ovvero nella volontà e nella consapevolezza di emettere abusivamente e, quindi, senza i requisiti previsti dalla norma, moneta elettronica“.

E’ evidente – si legge nella decisione – “che la scelta del legislatore di recepire i dettami comunitari ha trovato il proprio fondamento nell’esigenza di attribuire un maggiore grado di strutturazione, di standardizzazione e di armonizzazione al mondo bancario e finanziario, al preciso scopo di ridurre gli episodi di abusivismo, in un’ottica di trasparenza, correttezza e sicurezza del mercato, della concorrenza e della clientela, anticipando, pertanto, la punibilità ad una fase ove la fattispecie illecita non ha ancora arrecato pregiudizio“.

Passando, invece, alla fattispecie di cui all’art. 132 bis TUB – che punisce l’abusivo esercizio di attività finanziaria nei confronti del pubblico – “anche sul punto l’orientamento della giurisprudenza non è stato sempre univoco; infatti, secondo un primo indirizzo, la fattispecie incriminatrice in questione era integrata purché l’attività, anche se in concreto realizzata per una cerchia ristretta di destinatari, fosse rivolta ad un numero potenzialmente illimitato di soggetti e si fosse svolta professionalmente, ovvero in modo continuativo e non occasionale, non essendo invece necessario il perseguimento di uno scopo di lucro o, comunque, di un obiettivo di economicità, posto che “il carattere di professionalità non implica il perseguimento di uno scopo di lucro, o, quantomeno, di un obiettivo di economicità“.

Secondo altro orientamento, invece, “sebbene di qualche anno più risalente nel tempo, integra il reato previsto dall’art. 132 d.lgs. 385/1993 l’erogazione anche di un solo finanziamento in violazione dell’obbligo di iscrizione negli elenchi di cui agli artt. 106 e 113 TUB, pur non essendo necessaria una stabile organizzazione né una specifica professionalità. A differenza, infatti, del reato di cui all’art. 348 c.p., non è richiesta nella fattispecie in questione un’attività svolta in forma continua e professionale, né in alcun modo è indispensabile l’approntamento e la disponibilità di una stabile struttura organizzativa, non richiedendo il reato in questione, per il suo perfezionamento, né l’abitualità, né che l’offerta sia rivolta al pubblico“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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