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Inammissibilità dell’impugnazione trasmessa a PEC diversa da quella prescritta: sollevata questione di legittimità costituzionale

Cassazione Penale, Sez. I, Ordinanza, 1° settembre 2025 (ud. 1° luglio 2025), n. 30071
Presidente Santalucia, Relatore Masi

Segnaliamo ai lettori l’ordinanza con cui la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 87-bis, commi 7, lett. c) e 8 d.lgs., n. 150 del 2022 – in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione – nella parte in cui sancisce l’inammissibilità dell’impugnazione trasmessa ad indirizzo PEC (posta elettronica certificata) diverso da quello prescritto (costituito dall’indirizzo assegnato all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato) pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il termine perentorio di proposizione.

La norma contestata – si legge nell’ordinanza – “è sicuramente funzionale al rispetto del principio, anch’esso costituzionale, del diritto ad una ragionevole durata del processo, in quanto fornisce una disciplina organica e dettagliata delle disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti istanze, applicabili sino alla piena operatività del processo penale telematico, ed escludendo il dovere di trasmettere ad altri uffici gli atti di impugnazione pervenuti erroneamente esonera le cancellerie da un’attività sicuramente un appesantimento e un rallentamento del loro lavoro“.

Il rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo – prosegue la Corte – “non può, però, giustificare l’introduzione di norme processuali che violano altri principi di pari rango, quali quelli stabiliti dagli artt. 3 e 24 Cost.“.

Del resto, “la Corte EDU riconosce agli Stati un ampio margine di apprezzamento, che consente l’imposizione di requisiti formali anche rigorosi per l’ammissibilità delle impugnazioni, ma a condizione che tali requisiti non limitino l’accesso del cittadino al giudice in modo tale da pregiudicare in modo sostanziale il suo diritto, pena la violazione dell’art. 6, par. 1 della Convenzione EDU“.

In conclusione, “occorre valutare se il rigido formalismo della disciplina introdotta dall’art. 87-bis, commi 7, lett. c), e 8 d.lgs. n. 150/2022, con l’impossibilità anche solo di emendare o sanare un vizio puramente formale, risulti porre un limite eccessivo, oltre che ingiustificato, all’esercizio del diritto a un equo processo, anche nei gradi di giudizio successivi al primo, se previsti dall’ordinamento dello Stato“.

Redazione Giurisprudenza Penale

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