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Mancato versamento dell’imposta di soggiorno, peculato e art. 180 del Decreto Rilancio: secondo il Tribunale di Roma la riforma ha comportato una abolitio criminis

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, 10 novembre 2020 (ud. 2 novembre 2020), n. 1520
Giudice Dott. Bruno Azzolini

Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui il Tribunale di Roma si è pronunciato sul tema della configurabilità del delitto di peculato nel caso di omesso versamento dell’imposta di soggiorno a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 180 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto rilancio).

In particolare, il Tribunale di Roma, ponendosi in consapevole contrasto con quanto recentemente affermato dalla Cassazione (sentenza commentata su questa Rivista da F. Schippa, Interviene la Cassazione sull’omesso o ritardato versamento dell’imposta di soggiorno a seguito del c.d. Decreto Rilancio. Autentica interpretazione di una papabile interpretazione autentica, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 11), ha osservato come «la circostanza che la nuova disciplina non abbia modificato né la fattispecie penale né la norma integratrice non consenta, tuttavia, di affermare tout court che non vi sia stata abolitio criminis, dovendosi verificare se l’intervento legislativo posteriore abbia inciso sugli elementi costitutivi del fatto tipico».

Attraverso un confronto delle situazioni di fatto antecedenti e successive all’intervento legislativo, l’affermazione secondo cui la struttura del reato in tutte le sue componenti non sarebbe stata alterata non è stata ritenuta convincente, apparendo «paradossale ritenere che una norma che incide sulla qualifica dell’albergatore, ora definito esplicitamente responsabile e quindi sostituto di imposta, non sia da considerare norma posteriore che priva di rilevanza penale la fattispecie».

Il legislatore – si legge nella pronuncia – «è intervenuto sulla situazione di fatto, specifica, del gestore della struttura ricettiva che omette di versare le somme dovute dai clienti per il soggiorno a titolo di imposta o contributo, statuendo che quella condotta non è più reato, ma è punita con una sanzione amministrative: non può dubitarsi che abbia compiuto una valutazione “politica”, privando di rilevanza penale la fattispecie»; l’esplicita previsione di una sanzione amministrativa senza riserve di applicazione della legge penale – conclude il Giudice – «non lascia dubbi sulla volontà di prendere atto della gravissima situazione del settore alberghiero (che perdura da anni), portata più di recente al collasso dalla emergenza sanitaria, e prevedere, di conseguenza, una disciplina di minor rigore nei confronti dei soggetti esposti al rischio di sanzione penale in ragione del ruolo di agenti riscossori, senza alcuna contropartita».

Del resto – conclude il Giudice – «ritenere che la depenalizzazione operi solo per quei comportamenti successivi all’entrata in vigore del decreto legge 34/2020 sarebbe profondamente ingiusto in quanto introdurrebbe una disparità di trattamento tra situazioni identiche in evidente violazione di precetti di rango costituzionale».

Sulla base di tali argomentazioni, il Tribunale ha pronunciato sentenza di proscioglimento nei confronti dell’imputato in relazione a condotte poste in essere tra il 2015 e il 2018 e, dunque, prima dell’entrata in vigore del decreto legge 34/2020.

Redazione Giurisprudenza Penale

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